"La vita o si vive o si scrive" (L. Pirandello)

giovedì 2 ottobre 2014

TERESA TALOTTA GULLACE

Ricordate lo splendido film di Roberto Rossellini "ROMA CITTA' APERTA"? Capolavoro del cinema Neorealista a livello mondiale? La scena che più torna alla mente è quella della sora Pina, interpretata magistralmente dalla grande Anna Magnani, che si lancia all'inseguimento di un camion tedesco nel vano tentativo di liberare il marito prigioniero dei nazisti, cadendo rovinosamente a terra dopo essere stata colpita a morte dal fuoco tedesco.
Ebbene, forse non tutti sanno che il personaggio così romanesco della sora Pina, in realtà è ispirato alla tragica vicenda di una donna che non era romana bensì calabrese. La "sora Pina" nella vita reale si chiamava Teresa Talotta ed era nata a Cittanova, in provincia di Reggio Calabria, l'8 settembre 1907.
Teresa Gullace ( fonte: web)
 
 
Era poi emigrata a Roma, si era sposata con Girolamo Gullace ed era diventata madre di ben cinque figli. Teresa viveva nella Roma occupata dai nazisti, aveva 37 anni ed era incinta del suo sesto figlio, quando il 26 febbraio del 1944, durante uno dei rastrellamenti effettuati dai nazisti per i quartieri della Capitale, anche suo marito Girolamo venne catturato e portato in caserma insieme ad altri uomini.
Il 3 marzo 1944 molte donne si recarono alla caserma di viale Giulio Cesare per protestare contro l'ingiusto arresto dei loro uomini, tra di esse c'era ancheTeresa, la quale scorse il marito da una delle finestre della caserma e si avvicinò nel tentativo di parlargli, incurante delle urla di un soldato tedesco che le intimava di allontanarsi. Il tedesco, allora, estrasse la sua arma e le sparò, uccidendola.
Quel giorno, ben camuffate tra le donne presenti, vi erano le compagne partigiane: Laura Lombardo Radice, Carla Capponi e Marisa Mossu che assistettero alla tragedia. La Capponi, subito reagì d'istinto ed, estratta la sua pistola, la puntò dritta contro il soldato tedesco che aveva ucciso la povera Teresa, ma le altre donne l'attorniarono impedendole di sparare e la compagna Marisa Mossu, svelta, le sottrasse la pistola e le infilò in tasca una tessera di un'associazione fascista. Grazie allo stratagemma della Mossu, la Capponi, dopo essere stata inizialmente arrestata dai tedeschi, riuscì a farsi liberare. Intanto il corpo della sfortunata Teresa era rimasto lì a terra e le partigiane Lombardo Radice, Adele Maria Jemolo e Marcella Lapiccirella, organizzarono una protesta pacifica, allestendo una camera ardente in strada, dove una folla sempre più numerosa si mise a pregare e a portare fiori sul corpo esanime di Teresa. La protesta popolare per l'accaduto, fu talmente imponente che i nazisti furono costretti a liberare Girolamo Gullace.
Laura Lombardo Radice e Pietro Ingrao, suo futuro marito e futuro presidente della Camera dei Deputati, stesero un manifesto sull'accaduto e Teresa, da sconosciuta calabrese emigrata a Roma, moglie coraggiosa e mamma felice di cinque creature, divenne uno dei simboli della Resistenza romana contro il nazi-fascismo.
 
Nel 1977, l'allora presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Leone, la insignì della medaglia d'oro al merito civile con la seguente motivazione:
"Madre di cinque figli ed alle soglie di una nuova maternità, non esitava ad accorrere presso il marito imprigionato dai nazisti, nel nobile intento di portargli conforto e speranza. Mentre invocava con coraggiosa fermezza la liberazione del coniuge, veniva barbaramente uccisa da un soldato tedesco."

Otre al film di Rossellini, che ho già citato, nel 2011 un altro film si è ispirato alla sua vicenda : "Anna, Teresa e le resistenti" per la regia di Matteo Scarfò.
A Roma le sono state dedicate due scuole, mentre in viale Giulio Cesare, dove fu uccisa, una lapide la ricorda.
A Cittanova, suo paese d'origine, le è stata intitolata la strada dov'era nata.

Prima di concludere questo racconto, volevo farvi partecipi di una piccola curiosità: c'è un filo sottile che lega Anna Magnani e Teresa Gullace, anche l'attrice romana, simbolo del cinema italiano, aveva un po' di sangue calabrese nelle vene. La Magnani, infatti, portava il cognome materno e, facendo una ricerca sulle sue origini, scoprì di essere figlia naturale di un calabrese.